A proposito della Pont-Art di Ignazio Moncada. Tre anni dopo il suo intervento in Piazza Duomo, Ignazio Moncada dipinge di nuovo sui suoi teli, utilizzando i ponteggi di un cantiere in città, quelli del Palazzo (progettato da Giò Ponti) di Largo Guido Donegani.
ll primo intervento di Moncada era stato percepito dalla coscienza cittadina come un segnale, un manifesto. Come aveva detto l’assessore Guido Aghina all’epoca – “la volontà di dare alla sua azione pittorica una nuova dignità, la dignità dell’arte proiettata su delle strutture provvisorie, le strutture del lavoro”.
Malgrado l’elemento bizzarro o fantastico in questo contesto operativo credo che l’intervento di Ignazio Moncada sia stato percepito nel modo giusto come valore culturale, sociale e pittorico.
Importante in questo tipo di situazione è l’integrità del pensiero poetico e in questo senso Moncada è molto chiaro. Il pittore rimane pittore e il cantiere nel suo grande telaio, nel suo ponteggio, rimane lo spazio del quadro, lo spazio pittorico dell’artista. E questa seconda volta l’esperimento prende una nuova dimensione, una dimensione di estetica maggiore. Gli elementi pittorici vengono trattati con più volontà poetica e meno pretese decorative ed una spontaneità maggiore, l’artista è totalmente maestro dello spazio operativo e questa dimensione di dominio spaziale è forse la più significativa.
Moncada non tenta questa volta di convincerci dell’importanza sociale del suo gesto, non tende a rendere bello lo spazio operativo del lavoro, va al di là di questo primo passo e si esprime in totale libertà, in piena spontaneità con la massima flessibilità del suo linguaggio. E il Moncada pittore, animatore dei grandi spazi cittadini che vediamo oggi in azione a Milano.
Questo salto estetico dimostra da parte dell’artista una creatività in espansione. Si è parlato nel novembre 1981 a proposito del progetto di Moncada. Si è parlato della dinamicità di Milano della città che sale cara ai futuristi.
Questa volta Moncada non sta illustrando in un modo lirico queste meraviglie dinamiche della città, è piuttosto la città che la penetra nella sua forza energetica e il discorso di Moncada è proprio quello dell’energia nella pittura. Gli elementi pittorici del nuovo intervento sono sensibilizzati alla luce, al vento. Sono come la simbologia individuale di un immenso gonfalone. Il segnale di Moncada ormai è puramente estetico, la sua dimostrazione non è più una dimostrazione sociale, è diventata un gesto di pura libertà estetica. L’uomo si è riconciliato con l’universo del lavoro e al centro della città l’elemento più positivo, la sua energia vitale, questa immensa tela di Ignazio Moncada è il campo vero e puro dell’energia libera. Questa volta Moncada non si è solo comportato da uomo cosciente e da pittore innamorato della sua propria pittura, al servizio del mondo del lavoro, questa volta Moncada si è comportato da artista libero, da uomo libero, nella città. È proprio questa dimensione di libertà che il pubblico potrà risentire attraverso la bellezza, la grandezza e la purezza del gesto pittorico urbano di Ignazio Moncada.
Moncada per la libertà di una pittura urbana
di Pierre Restany, 1984